La leggenda delle sirene di Taranto è una storia d’amore piena di emozioni e colpi di scena, che racconta di perdono e redenzione. Anche una persona come me, che non è certo romantica, ha trovato affascinante questo racconto, quindi preparatevi a una storia che lascia il segno.

La storia riguarda una giovane coppia di sposi: una donna di straordinaria bellezza e un pescatore. A causa delle lunghe assenze del marito, la donna cede alle lusinghe di un ricco signore tarantino e lo tradisce. Subito pentita, confessa tutto al marito. In una reazione di rabbia e gelosia, lui la spinge in mare, facendola affondare.

Le sirene, che abitano il golfo, accorrono in suo soccorso, salvandola e incoronandola regina col nome di Ariel di Schiuma (Skuma), in onore delle onde che l’hanno portata a loro.

Il pescatore, disperato per il suo gesto, piange ogni giorno nel punto in cui ha spinto la moglie. Le sirene, toccate dalla sua sofferenza, lo catturano e lo portano nel castello incantato. Qui, Skuma lo riconosce e lo perdona, chiedendo alle sirene di risparmiargli la vita.

Il pescatore, determinato a rimediare, cerca un modo per liberare la moglie. Una fata gli rivela che solo un fiore di corallo bianco, custodito nel giardino delle sirene, può liberarla. Il pescatore si avventura di nuovo in mare, grida il nome della moglie, e Skuma lo raggiunge per riabbracciarlo.

Con un piano astuto, Skuma inganna le sirene, rubando il fiore e restituendolo alla fata, che con un incantesimo scaccia le sirene dal golfo. Alla fine, Skuma e il pescatore tornano insieme, liberi e finalmente uniti.

Una versione alternativa della leggenda suggerisce che, dopo aver perso il suo amato, Skuma decida di vivere da monaca, vagando nel Golfo di Taranto in cerca di lui, un atto che dà origine al nome di una torre nel Castello Aragonese, la Torre della Monacella.

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