Forse lo sapete già: San Cataldo, vescovo irlandese, è ricordato a Taranto come un santo capace di compiere molti miracoli. Sotto la sua guida, una città in balìa del peccato si convertì gradualmente alla fede cristiana.
Durante uno dei suoi viaggi di ritorno dalla Terra Santa, San Cataldo si trovò a dover affrontare una terribile tempesta mentre la sua nave faceva rotta verso Taranto. Il mare era così agitato che l’equipaggio, preso dal panico, implorò l’intercessione del Santo. Fu allora che San Cataldo si tolse l’anello pastorale e lo lanciò tra le onde. Subito il mare si calmò e, nel punto in cui l’anello toccò l’acqua, nacque un vortice di acqua dolce, limpida come quella di un fiume.
Questo luogo, situato nel Mar Grande di Taranto, è oggi conosciuto come “L’Anello di San Cataldo”, in memoria di questo racconto leggendario. Ancora oggi è possibile notare la strana danza dell’acqua che forma cerchi concentrici, visibili anche ai meno esperti.
Il termine “citro” deriva dal greco kutros, che significa “pentola”, perché la superficie dell’acqua, in quel punto, sembra proprio ribollire come se fosse in ebollizione dentro una pentola.
Cosa sono i citri?
I citri sono, in realtà, sorgenti naturali: rappresentano le foci di corsi d’acqua sotterranei che partono dagli altopiani della Murgia tarantina e riaffiorano in mare. Nel Mar Piccolo di Taranto se ne contano ben 34, mentre nel Mar Grande ce n’è solo uno, il più grande e famoso, detto anche Anijedde de San Catavete.
Queste sorgenti sotterranee hanno reso possibile una tradizione unica: la coltivazione di ostriche e cozze dal sapore inconfondibile. Il segreto di questa prelibatezza è proprio nella combinazione tra l’acqua salmastra del mare e l’acqua dolce dei citri, che crea l’habitat perfetto per questi molluschi.
Questa è la spiegazione “scientifica”. Ma se si mette da parte la scienza per un attimo e si lascia spazio alla fantasia, i tarantini amano pensare che, da qualche parte sul fondo del mare, l’anello di San Cataldo sia ancora lì, a proteggere la città e i suoi abitanti.
Curiosità
Va detto che Taranto non ha l’esclusiva sui citri: anche Tommaso Niccolò D’Aquino li celebrò nei suoi versi delle Delizie Tarantine, descrivendo l’acqua dolce che sgorga in mare come una meraviglia.
Inoltre, c’è anche un dolce che celebra questa leggenda: ideato di recente da un famoso forno tarantino, il dolce di San Cataldo è una ciambella che ricorda la forma dell’anello del Santo. L’impasto è un incontro di pasta sfoglia salata e pasta frolla dolce, un chiaro omaggio alla fusione tra l’acqua di mare e quella dolce dei citri.


